Adriano De Vincentiis: Message to Argolands

The artist Adriano De Vincentiis (click here for his blog), after having donated to the Argoland Community some of his artworks, decided to write us a message, together with two wonderful drawings that he created to express his support to our cause and his vision of the Argo’s initiative.

We are using the superb Argo coins’ drawings he donated us, making NFT collectibles to fund our project. Look at the logo of this website, it’s one of Adriano’s coins!

I, Andrew0 (click here for my NFT portfolio on Opensea), as a member of Argolands, will work to edit and tokenize these artworks, presenting them in an interactive, animated way, and disseminate them in the crypto-art space.

Here’s Adriano’s message and drawings:

“On his return to Itaca, Ulysses is disguised as a beggar, he’s hidden by an artifice, in fact no one can recognize him except for his dog Argo.

The animal’s natural ability to be invulnerable to any disguise speaks of his skill to grasp the essence of the human being, leaving the appearance to the futile identity game that has always been.

Essence and essential are words linked by the same root and refer to something subtle, light, imperceptible to humans but omnipresent in nature, crucial in all vital processes on earth. Essence also means smell, fragrance, perfume: something that is carried by the air, which is made of air, something that when comes in contact with human and animal senses triggers drives and images that are often impossible to translate into any spoken language.

If we think that air itself is life, that in plant forms air is the core of all processes of birth and development, we can understand that the dog Argo is revealing a great secret to us: nature communicates with the living beings in direct contact with that essence and thus keeps them alive, ruling and nourishing them.

I have always thought that the name Argo for a project that had the care of the wild elements of nature as its fulcrum was a magnificent revelation, intended for me as an invitation to seek a true essence in all natural things, to establish that contact, to reach for the roots that, both for man and for trees, represent the true basis of being, its sustenance, its care.

For this reason I have drawn human faces that are formally connected with the nature of plants and for me this means that a healthier use of the mind can help man to undertake a vital journey towards the core of things where care and nature cannot be separated.

Air also represents thought, as it is present and intangible at the same time, essential and at the same time invisible; when we see the eyes of a human being we seem to perceive his thoughts, even though none of them has passed through us: we acquire a datum and through that gaze we witness a reflection of the most intimate abyss of being and all this is, again, intangible and at the same time essential.

Saint-Exupéry wrote that the essential is invisible to the eye; let’s think about how many invisible things nature produces and how many of these are given to the kingdom of air, let’s think about the unique quality of flowers capable to spread essences and fragrances, to how the plant world uses the air as a realm of expansion and nourishment, to how much the animals use smell as king of senses or to the fact that we could not even survive the heat of the sun without the terrestrial atmosphere and that the whole biosphere, and therefore all life, is the result of the eternal work of plants through the eons.

On closer inspection, if the essential is invisible, we must also conclude that the invisible is essential and learn the inestimable lesson of the dog Argo.”

Adriano De Vincentiis

Arwen 2021

L’ambiente selvatico gravemente danneggiato dallo sfruttamento umano potrebbe invece essere una grandissima ricchezza

Lo sostiene il rapporto Living Planet Report 2018 del WWF (World Wildlife Fund), la pubblicazione biennale attraverso cui questo ente, in collaborazione con la Zoological Society of London, monitora lo stato di salute del pianeta, che -sappiamo- è seriamente compromessa dall’intervento dell’uomo. L’andamento dell’impronta ecologica umana è preoccupante: dal 1970 ad oggi è cresciuta del 190% e se procedessimo di questo passo nel 2050 solo il 10% del territorio rimarrà vergine. E’ perciò urgente che si cambi rotta e che il patrimonio naturale venga maggiormente tutelato.

l’Indice del pianeta vivente

Il report, pubblicato per la prima volta nel 1998, e giunto alla 20° edizione contiene un’analisi dettagliata dello stato della biodiversità globale e della vita animale. Ben 16.704 popolazioni di oltre 4.000 specie di mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi, ovvero tutti gli animali vertebrati del mondo sono state conteggiate. Ebbene, dal 1970 al 2014 le popolazioni di vertebrati risultano diminuite del 60 %, mentre sono 8.500 le specie a rischio di estinzione presenti nella Lista Rossa dello Iucn, l’Unione internazionale per la conservazione della natura. La responsabilità di questi danni ricade sull’agricoltura estensiva, responsabile di almeno il 75% dei casi delle estinzioni verificatesi dal 1500 ad oggi. «Altre minacce – sotttolinea il Wwf, citato in un articolo di Corriere.it – derivano dal cambiamento climatico, un fattore sempre più decisivo, dalle dighe, dalle miniere e dalle specie che, spostate da un’area all’altra del mondo, diventano invasive, facendo concorrenza e spesso imponendosi sulle specie autoctone». Il rapporto evidenzia ancora che il 20% della superficie delle foreste dell’Amazzonia è stato trasformato in soli 50 anni, mentre gli ambienti marini del mondo negli ultimi 30 anni hanno perso quasi la metà dei coralli.

L’appello ai leader

Da questi e da altri dati che riempiono le pagine del report scaturisce un accorato appello, o piuttosto un grido d’allarme, del WWF, che chiede agli Stati di impegnarsi per invertire questa tendenza di progressiva perdita della ricchezza della vita sulla Terra. Sarebbe necessario un “global deal” per la natura e le persone, con l’obiettivo non solo di preservare le risorse naturali ma anche realizzare una più equa distribuzione che consenta di garantire in modo sostenibile il nutrimento ad una popolazione che aumenta, limitando il riscaldamento globale a 1,5° C, e ripristinando gli ecosistemi, oggi seriamente compromessi.

Il “Pil” della natura

Infine, il documento contiene la stima del valore degli ambienti naturali: essi ci offrono globalmente, prodotti e servizi che possono essere valutati circa 125.000 miliardi di dollari, una cifra che sopravanza di molto il prodotto globale lordo dei Paesi di tutto il mondo, che ammonta invece a 80.000 miliardi di dollari. In buona sostanza, l’ambiente naturale sarebbe il nostro migliore business se solo volessimo farlo fruttare correttamente. «Il mondo ha bisogno di una road map dal 2020 al 2050 con obiettivi chiari e ben definiti — commenta Donatella Bianchi, presidente di Wwf italia —. Va messo in campo un set di azioni credibili per ripristinare i sistemi naturali e ristabilire un livello capace di dare benessere e prosperità all’umanità». E Marco Lambertini, direttore generale di WWF International: «Oggi abbiamo ancora una scelta. Possiamo essere i fondatori di un movimento globale che cambia la nostra relazione con il pianeta per garantire un futuro per tutti. Oppure possiamo essere la generazione che ha avuto un’occasione e l’ha fallita. La decisione è solo nostra».

 

[argoname: Abbondio]

Liberamente ispirato e tratto da:  https://www.corriere.it/animali/18_ottobre_30/40-anni-abbiamo-fatto-scomparire-60percento-animali-vertebrati-ed-ecco-perche-rischiamo-anche-noi-fba41962-dc27-11e8-8bd6-c59ffaae6497.shtml

ARGO-logos

Nomen Omen: ARGO

Perché il progetto porta il nome di ARGO?

In verità, è il nome ad essersi fatto scegliere.
Passeggiavamo per le lande greche, nell’aria si respirava un senso che voleva esser pronunciato. Ci guardammo e questo senso era chiaro: “Occhi aperti, vigili, per rimanere fedeli”.
Così lo chiamammo alla vita: ARGO, e divenne un progetto.

I rimandi connessi ad «Argo» sono piuttosto espliciti nella nostra mente, ma indagando a fondo e lontano si scoprono essere più vasti di quanto ci si possa attendere.

Quasi tutti possiamo dire di aver avuto menzione di Argo il cane di Ulisse, celebre da giovane per la sua forza e velocità nella caccia, ma famoso nei nostri ricordi come simbolo di lealtà nonché della quieta pazienza che caratterizza un affetto inamovibile.
Questa creatura, dopo aver atteso per vent’anni, prima di lasciarsi morire fu in grado di riconoscere il proprio padrone anche dietro le vesti di un mendicante, quando ritornato ad Itaca quest’ultimo gli passò accanto. Non ebbero bisogno di molti gesti per intendersi a vicenda:

“[Argo] agitò la coda
e lasciò ricadere le orecchie; ma ora non poteva
accostarsi di più al suo padrone. E Odisseo
volse altrove lo sguardo e s’asciugò una lacrima
senza farsi vedere da Euméo”
(Odissea, XVII)

ARGO è inoltre la nave degli Argonauti, la prima nave a solcare mari inesplorati compiendo così qualcosa che negli echi di tempi lontani veniva concepito come una nefandezza: quello della colpa insita in una tal navigazione era sentita quasi come atto di hybris nei confronti delle divinità.

Le si sfidava!

“I racconti mitici erano formulati per velare
e contemporaneamente informare chi aveva gli occhi della sapienza aperti. […]”

“Il comandante della mitica nave Argo è Giasone, Jason, Jona dei troiani, Jon degli Scandinavi, Ganesha dell’India, il Sole. Fra gli egizi il sole nascente era Osiride […]. Giasone è Osiride, il Sole.
(Pisciuneri V., Miti – Storia velata, Libro VI Giasone e gli Argonauti)

L’autore non ha tutti i torti. Chi, se non il Sole, poteva guidare nel solcare i mari notturni dell’ignoto?

Le divinità, tuttavia, sono state paragonate da diversi studi a forme-pensiero che ammorbano l’uomo e che, ai fini di una propria autoconservazione, non permettono di essere sovrastate da altri livelli di realtà.

E così le divinità si manifesterebbero nella mente umana come una cieca e dispotica predisposizione ad imprimere la propria unità di misura alla realtà. Agendo come incantesimi, filtrano percettivamente la realtà arrivando anche a manifestarsi come psichismi.

Argo” sembra invece riferirsi alla “divinità” quale virtù dell’animo umano, una caratteristica da conquistarsi; etimologicamente è legato alla radice proto-indoeuropea “arj”/”arg” che evoca lo splendere dell’impeccabilità, ed in sanscrito diviene arjunas (o argunas): bianco splendente, brillante; da cui anche il nome dell’eroe dell’Epica indiana “Arjuna”, “il puro”.
Più nello specifico, “arj” significa “andare incontro [ar] dritto in avanti [j]”.
Tracce di questa etimologia si ritrovano nell’aggettivo greco ἀργός che significa “di un bianco brillante, abbagliante”, così come anche ” veloce, rapido”. In italiano, infatti, se ne sono dedotti termini come: arguire (argomento, arguzia), argento, argivi (achei), argilla.

Sotto la voce ‘Arguire’, il Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana (Pianigiani, 1907) precisa questa origine:

“dalla radice ARJ = ARG’; che ha il senso di splendere (sanscritto: ARGUNA, chiaro) donde l’altro conseguente di render chiaro, porre in chiara luce, assai omogeneo al significato originario di dimostrare con prove, con fino ragionamento, attribuito ad Arguire ed oggi trasfuso nell’italiano Argomentare (vedi: Argento)”.

Tutto origina dalla città di Argo, nell’Argolide, abitata dagli Argivi (noti poi come Achei), fondata da Argo re del Peloponneso da cui la città prende nome. Argo era figlio di Zeus e fratello di Pelago, ed ebbe come suo successore un’altra presenza mitologica, forse meno nota, ma probabilmente ad onor del quale Ulisse così nomò il proprio cane.  Ad arricchire le sfumature che il nome ‘Argo’ reca con sé ed a testimoniare che “aver gli occhi d’Argo” significa esser oculati, concorrerà Argo il Panopte, gigantesco essere prodigioso dotato di un centinaio di occhi disposti in tutte le direzioni e di una grande forza.

“Argo dai cent’occhi, il Panopte che vede tutto. […] La maggiore sua rinomanza viene dalla miracolosa perspicacia ond’era provveduto. […] Argo dai cent’occhi è la Vigilanza che a tutto sopravvede, di tutto si accorge, sia che guardi l’innocenza, sia che spii e scopra la malvagità. […] I poeti diranno appunto che cent’occhi splendono in fronte ad Argo: Morfeo non li poté mai chiudere tutti in una volta; se cinquanta cedono alla sua presenza, gli altri cinquanta si aprono e vegliano. […] [Considerato per questo il guardiano esemplare], alla sua morte Giunone sparse i cent’occhi d’Argo sui lunghi remeggi caudali del pavone.
(Tasso, G.  Enciclopedia italiana e dizionario della conversazione: opera originale, Vol. 2. Venezia, 1838)

ARGO parte dunque da queste suggestioni.
Chissà se di tanti miti qualcuno si agita dentro di noi, e chissà che non possa donarci una nuova audacia.

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